LMD - Appunti

Vulcanalità

In un frammento precedente si parlava di godimento anarchico liberato dalla prigione dell'immagine e del plug anale come strumento per trasformare il corpo in una carta di intensità.

Ora c'è da fare una precisazione: se il plug è prefabbricato, in realtà il godimento non è poi proprio così anarchico. La forma del godimento è ancora (in buona parte) organizzata a priori, in fase di progettazione.

Chi progetta i plug anali è il Dio Vulcano. Forgia le armi per l'esercito del Piacere Anale. Organizza il godimento partendo da una massa-informe-corpo-senza-organi in plastica / vetro / PVC / resina / ecc... Si gode sempre secondo i dettami di Vulcano. Vulcano può essere un artigiano o un'azienda. Può forgiare a mano o per via di un processo industriale.

Nel momento in cui persiste una divisione sociale tra lavoro e godimento, cioè nel momento in cui Vulcano non è l'utilizzatore finale del plug, lo scopo della progettazione rimane generico e approssimativo. A volte i plug prefabbricati (specialmente quelli giganti) sono plug scenici. Non sono progettati in funzione del godimento, ma in funzione dello spettacolo. Facciamo l'esempio di un canale PornHub su cui vengono caricati video anal. In quel contesto l'inserimento del plug (assieme alla scomodità delle posizioni assunte da chi lo indossa) è funzionale alla telecamera e allo sguardo dello spettatore. Un plug a forma di tentacolo gigante funziona visivamente molto meglio di un plug più piccolo e modesto, ma magari più comodo e piacevole (perché riempie meglio l'interno nei punti giusti). Lì non si gode tanto per l'inserimento del plug in sé, ma per il fatto di venire guardati/riconosciuti/desiderati dallo spettatore che lascia commenti, like e fa incrementare il contatore delle visualizzazioni. Il godimento macchinico (cioè l'intensità generata dall'interruzione di flusso della macchina-ano) è subordinato alla lotta di riconoscimento.

(Re: Zizek => un content creator che legge Lacan)

In realtà si trovano a buon mercato ottimi plug fatti in materiale soffice al tatto ma rigido nel modo giusto. Le palline anali collegate sono molto versatili. I plug tentacolari, tolta la funzione scenica, sono utili a creare lo spazio interno in vista dell'inserimento di altri plug (o altre palline). Ma il limite insormontabile di ogni prefabbricato si configura nel non essere stato progettato appositamente per le esigenze e le fattezze di una persona reale. Divenire Vulcano significa quindi andare oltre la divisione del lavoro anale e forgiarsi il plug a seconda delle proprie necessità.

La gara a chi fa entrare il plug più grosso (anche quando si gareggia da solə, contro sé stessə) è, sotto mentite spoglie, l'ennesima riproposizione della solita inutile gara a chi ha il cazzo più lungo. Non contano solo le dimensioni, ma anche il modo in cui si crea e si riempie lo spazio interno. Per esempio: usando un set di frutta tondeggiante (appositamente pulita e lavorata nelle zone spigolose per evitare tagli interni) con un diametro variabile (dai 6 agli 8 centimetri) è possibile inserire tanti piccoli plug ricombinabili, spingerli dentro in modo che vadano a premere contro i punti giusti, dando una sensazione di riempimento che difficilmente il singolo plug può eguagliare. Inserire prima una pera e sfruttare la punta stretta per andare in avanscoperta creando spazio. Combinarla con una mela per lasciare l'ano semi-aperto e bruciante. Si dirà: ma è pericoloso perché la frutta non ha la base piatta che previene il risucchio. In realtà è difficile che una volta inserito il plug-frutto vada molto lontano, perché dopo circa 15-16 centimetri c'è un secondo gruppo di muscoli che blocca il risucchio. Basta infilare le dita dentro, spingere e farlo uscire.

Insomma: si tratta di provare e sperimentare. Con le stampanti 3D poi si schiude veramente un universo di virtualità...

Estremità musicali

Ciò che distingue la musica dal rumore è la presenza di una qualche forma di organizzazione sonora. Anche il pezzo noise più estremo, per essere ascoltabile, deve mantenerne una.

Il rumore di un trapano è materia sonora non organizzata. Perché dà così fastidio? Manca anzitutto una filtrazione del range di frequenze (attenuare o rimuovere quelle fastidiose per l'orecchio umano). Poi mancano elementi di ripetizione. Ogni trapanata è differenza: non si riesce a prevedere quando finirà quella corrente e quando inizierà la prossima (o se la prossima sarà l'ultima). Ma ecco che campionando una singola trapanata, mettendola a tempo e ripetendola (per esempio sui quarti), il rumore organizzato diventa musica.

Espressione Contenuto
Materia combinazioni sonore possibili rumore
Forma regole e convenzioni compositive filtrazione e ripetizione
Sostanza composizione musica

Forse fare musica estrema vuol dire oscillare sull'estremità dell'organizzazione musicale, far balbettare il linguaggio musicale situandosi sul bordo tra musica e rumore, far avvertire/intuire all'ascoltatore il corpo senza organi sonoro senza fare effettivamente rumore, cioè preservando elementi di ripetizione (ritmo).

Un esempio: https://proem.bandcamp.com/album/vault-ep-1-4-noise

Tosature caosmiche

Ogni volta che il custode del parco tosa l'erba lo fa in modo diverso, creando nuovi sentieri tra i campi, nuove aperture, nuove linee di fuga. Così facendo crea nuovi modi di abitare e vivere il territorio.

Ad ogni tosatura si schiude un universo incorporeo di possibilità. Per ogni parco ci sono virtualmente infiniti parchi, ma per via dei limiti fisici (forza, tempo e risorse) solo un numero finito è trasportabile sul piano territoriale.

L'attività di tosatura come fuoco di creazione autopoietica, come vettore di deterritorializzazione. Il tosaerba come macchina-tecnica, come snodo di compenetrazione tra piani di immanenza che spalma sul territorio esistenziale uno tra gli infiniti possibili parchi virtuali.

L'attività di tosatura come allegoria scelta tra un'infinità di possibili, per andare oltre il concetto di arte come stratificazione, come serie circoscritta di attività (le arti) in mano ad un gruppo elitario di persone (artisti), delimitata da uno spazio (museo, ma anche concerto, teatro...) e da un luogo di sapere (accademia). La provocazione iniziata con i ready-made non ha mai scalfito realmente l'istituzione museale, ma si è limitata a creare nuove fasce di consumatori, che pagano il biglietto per vedere cose diverse dai quadri, lasciando intatta l'illusione di uno spazio sociale creativo ben definito. Ma anche quando l'opera è esposta fuori dal museo, in una piazza o in centro rimane una circoscrizione territoriale, di un inizio ed una fine spaziale. L'opera inizia qui, finisce lì.

Cos'è arte e cosa no? Chi è veramente artista e chi no? Sono domande da abbattere, perchè qualsiasi risposta ha il solo scopo di creare una morale, una gerarchia fittizia atta a nobilitare una serie di persone o attività a scapito di altre.

Ma perché il giardiniere, il barbiere, il falegname o il cuoco dovrebbero avere una marcia in meno rispetto al musicista, al designer o all'artista visivo, nel momento in cui ogni attività creatrice implica la schiusura di un universo incorporeo di possibili, di infinite deterritorializzazioni, la creazione di nuovi mondi e la ridefinizione di uno o più territori esistenziali?

Ci sono forze creatrici ovunque, oltre l'arte, dentro e fuori di noi.

De-soggetti-wanna-zione

Negli anni '70, in risposta al monolite-monopolio della televisione di Stato, si forma un reticolo di TV libere. Un tecno-rizoma pre-internettiano. Alla lunga si presenta un problema: servono i soldi. La TV passa da libera a privata/commerciale nel momento in cui questo reticolo televisivo viene assorbito dal Capitale. È il momento in cui salta fuori la figura del soggetto-televenditore. Ma il televenditore è nulla senza telecamere (e senza i soldi per comprare lo spazio televisivo).

La storia di Wanna che col suo carisma sfonda lo schermo è la riproposizione della favola liberale del self-made man. C'è tutto un gruppo che lavora dietro al personaggio. Lo racconta bene il primo marito di Wanna nel libro di Zurlo. Il carisma è costruito dietro ai riflettori. Un po' prendono da Anna Magnani. Forse un po' anche da Mussolini.

Dove si potrebbe fermare un'analisi incentrata sulle categorie del DSM-V? L'istrionico è agente del falso. Vive nella menzogna. È teatrale: esagera, drammatizza, manipola. Rimarca continuamente (prima a se stesso, poi agli altri) di essere una persona vera. È lui stesso il primo a non crederci. Proietta la falsità sugli altri. Ma l'istrionico è un'astrazione senza volto, senza corpo, senza storia e senza posizione sociale. Manca un contesto. Non basta neanche dire che viene da una famiglia povera, che cerca la rivalsa. Così si rimane all'interno della rappresentazione che Wanna da di sé per legittimarsi e creare empatia con lo spettatore.

Wanna non è poi così amorale come la descrivono i giudici. Ci sono cose che non farebbe mai. Perché i coglioni vanno inculati è il suo imperativo: si deve fare. Ma non basta appellarsi alla moralità del singolo: laddove la macchina del gioco d'azzardo si innesta sulla macchina mediatico-imprenditoriale appare la figura del tele-manipolatore. In realtà manca ancora qualcosa: cosa crea quello stato di solitudine, di debolezza, che nelle inchieste viene preso come una costante, un dato di fatto, che porta a cercare empatia/riconoscimento, ad alienarsi nel simulacro (sì, perché Wanna non è Vanna, non ha referente reale) della figura carismatica?

In tutte le trasmissioni in cui vengono intervistate Wanna e la figlia viene inscenato un processo mediatico: il prete-giudice-intervistatore tenta di fare leva sui loro sensi di colpa, fallendo inesorabilmente. Le stesse trasmissioni pagano a Wanna e figlia un cachet, in cambio di ascolti e vendita degli spazi pubblicitari. Nel caso dello streaming aumentano le visualizzazioni e gli iscritti al canale. Se Wanna non esiste senza telecamere, perché le si continua a concedere spazio? La lezione latente è: il crimine paga. È la macchina mediatica ad essere immorale alimentandosi grazie alla glorificazione della figura dell'imbroglione.

Le probabilità di un 6 al Superenalotto sono circa 1 su 622 milioni. Ogni anno lo Stato incassa circa 10 miliardi (su 20 spesi) con le scommesse. Come sarebbe mai potuta apparire la figura del maestro di vita che regala i numeri fortunati senza la truffa legalizzata della lotteria di Stato? Lo stesso Stato che condanna Wanna e il Maestro in tribunale...

La genialata è occultare tutto questo dietro alla figura della geniale imbrogliona che si approfitta delle debolezze altrui. La menzogna più grossa che viene rimarcata dalla serie Netflix, dai libri e dalle interviste è questa: una separazione marcata tra giudice e colpevole, tra TV buona e TV cattiva. Da una parte il Bene, dall'altra il Male. Un soggetto contro cui puntare il dito. La stortura di un sistema che funzionerebbe bene, non fosse per qualche imbroglione senza scrupoli che si approfitta delle debolezze altrui.

Invece di un processo ripreso dalle telecamere ci sarebbe (stato) bisogno di mettere le telecamere sotto processo. Assieme a tutta la società.

Meta-organizzazione del dibattito

Tutte le macchine mediatiche organizzano dibattiti, meta-dibattiti, attivismi e in-attivismi. Stabiliscono una gerarchia, un ordine di priorità. L'organizzazione del dibattito è essa stessa parte del dibattito, come sua condizione di possibilità. Non ci sono dibattiti in astratto.

Pubblicando un articolo, un documentario o un libro, un catalogo, operando quindi una selezione tra cosa è degno di essere messo in rilievo e cosa no, creano il trend, l'atmosfera, il di-cosa-ti-devi-(pre)-occupare-adesso, il per-cosa-devi-scendere-in-piazza-o-stare-sul-divano-davanti-ad-uno-schermo-a-(non) -meditare-ora. Il mettere-in-vetrina pressuppone il possedere-il-negozio.

(esempio: l'editore NOT pubblicando la traduzione italiana di Inventare il futuro non dà semplici consigli di lettura, ma crea le condizioni di possibilità del dibattito e del meta-dibattito. Come sarebbe possibile ripetere in modo acritico PRETENDI LA PIENA AUTOMAZIONE, come fa oggi praticamente chiunque negli ambienti filo-accelerazionisti, se nessuno avesse dato rilievo a quel testo?)

Anche la critica e la satira sono parte attiva di questo carrozzone, perché ridendo-di-X o attaccando-X contribuiscono a rinsaldare l'idea che X sia il polo gravitazionale attorno a cui ruotare.

Ma c'è di più rispetto alla necessità del macchinario di alimentarsi per sopravvivere (vendendo dati, oggetti o spazi pubblicitari) o il fatto che questa necessità non coincida col bisogno del fruitore di essere informato o aggiornato in merito all'attualità (o meglio: la costruzione del bisogno di informazione è parte integrante del suddetto macchinario). Oltre allo spettacolo, oltre al simulacro, cosa rimane fuori? A chi non viene data voce oltre a chi non passa la selezione mediatica? Cosa tralascio quando mi faccio catturare dal macchinario? Cosa metto da parte? Quali progettualità sconvolge un ri-assetto dell'ordine mediatico? Entro quale misura si può contrastare il funzionamento del macchinario?

Boicottare individualmente social/streaming/giornali/radio/tv non è abbastanza efficace dal momento in cui si è inseriti in una rete di rapporti non c'è una direzione collettiva univoca e l'informazione trova sempre qualche poro entro cui infiltrarsi... magari Netflix non lo guardi tu, ma tua sorella o il tuo collega sì.

Congetture sull'origine del patriarcato

Nessuno studio che teorizza l'esistenza di una società orizzontale originaria modellata sul femminile riesce a spiegare in modo convincente come sia avvenuto il passaggio da questa società alla società patriarcale.

L'idea che il passaggio sia avvenuto con la scoperta della funzione dello sperma (l'uomo capisce che è parte attiva nel processo riproduttivo) non tiene conto del fatto che nelle società matriarcali contemporanee la funzione dello sperma è conosciuta, ma si continua a dare poca importanza alla figura del padre.

Se i capi si fossero imposti con la forza, sarebbe stato troppo facile ucciderli o mandarli via. Avrebbero dovuto passare la vita nel terrore, guardandosi le spalle.

Se si fossero imposti con l'inganno, come è possibile che sistematicamente non se ne sia accorto nessuno in nessuna parte del mondo?

CONGETTURA: Le gerarchie sono emerse dal basso.

I capi non si sono imposti: sono stati eletti.

La base della piramide sostiene il vertice. Il vertice non può schiacciare la base: non è abbastanza pesante.

Il capo riceve i privilegi in cambio della responsabilità di organizzare la società. E' anche il primo a fare una brutta fine se va storto qualcosa.

Non c'è stato nessun inganno, nessun lavaggio del cervello.

Il progresso tecnologico non basta a spiegare la divisione della società per genere e per classe.

Le gerarchie sono emerse dal desiderio di essere comandati in condizioni ostili. Chi sta in basso aliena sé stesso nella figura del leader carismatico in cambio dell'illusione della sicurezza. Il desiderio di trascendenza e di alienazione nasce dalla necessità di dover sopportare condizioni ambientali difficili.

In realtà il capo dipende dagli altri tanto quanto gli altri dipendono da lui. La dipendenza è sempre co-dipendenza.

CONGETTURA: I capetti sono sempre esistiti.

I capetti non vanno confusi con i capi. Possono esistere capetti anche in una società orizzontale. La differenza tra il capetto e il capo assoluto è che il primo non viene riconosciuto formalmente e non ha privilegi materiali. L'orizzontalità non implica l'uguaglianza assoluta (che non può esistere perché ogni persona è diversa). E' per questo che in un modo o nell'altro i capetti saltano sempre fuori, anche con le migliori intenzioni di partenza.

Il patriarcato non può essere apparso concettualmente dal matriarcato, se li intendiamo come mutualmente esclusivi e sequenziali. Altrimenti il matriarcato sarebbe solo una proiezione del paradiso nella preistoria. O il Giardino dell'Eden con un altro nome. L'albero e il rizoma come modelli compenetranti, in opposizione al dualismo orizzontale/verticale, sono più efficaci a comprendere le dinamiche del potere. Dovevano esistere gerarchie latenti anche prima che i capi venissero eletti.

L'idea che gli uomini abbiano assimilato il concetto di gerarchia osservando gli animali poggia su una proiezione della figura dell'etologo nella preistoria. Gli studi di etologia che teorizzano branchi di animali capeggiati dal maschio alpha sono proiezioni del patriarcato sulla natura. Insomma: ragionamento circolare. Ma quando David Mech confuta da solo il suo precedente studio sui lupi (che ha contribuito a rendere celebre l'espressione maschio alpha) dice una cosa interessante: la struttura gerarchica non si osserva nei lupi allo stato brado, ma solo in condizioni ostili create artificialmente.

Non esiste un bisogno innato di primeggiare sugli altri. La competizione emerge da un ambiente ostile. Si sceglie come capo la persona più adatta, per avere l'illusione di essere protetti e al sicuro.

Alcuni capetti potrebbero essere stati eletti capi assoluti quando si sono presentate certe condizioni ambientali (clima, scarsità di risorse, aumento della popolazione) e la necessità di riorganizzare la società attorno a queste condizioni materiali.

CONGETTURA: Le donne e gli uomini hanno partecipato in modo attivo alla creazione della loro stessa condizione di oppressione.

La concezione della società come permeata da un conflitto dicotomico è un'invenzione dei movimenti rivoluzionari della modernità (marxismo, femminismo, anarchismo). Riflettere sulle società patriarcali antiche (come quella greca) come se fosse sempre esistito un Noi opposto ad un Loro diventa fuorviante. Si interpreta il passato con categorie moderne.

Nella fattispecie: non si è sempre data tutta questa importanza al sesso, al genere, ai rapporti di coppia. Il sesso non ha sempre avuto un ruolo primario nella costruzione dell'identità. Non c'è sempre stato un Noi Donne all'interno del patriarcato. A dire: le donne non si sono sempre pensate come Uno. L'idea di una sorellanza tra oppresse l'ha portata il femminismo. Forse è la fratellanza cristiana trasposta al femminile (sono le suore a chiamarsi tra loro sorella).

Il patriarcato crea gerarchie non solo tra uomo e donna, ma anche tra uomo e uomo, tra donna e donna, e paradossalmente a volte anche tra donna e uomo! Una persona non è solo il suo sesso, ma anche e soprattutto la sua posizione (status) all'interno di queste gerarchie. L'unità è una cosa che si inventano gli oppressi per rendere sopportabile la loro condizione. La verità è che il sistema è tenuto in piedi da millenni praticamente da chiunque. Come potrebbe andare avanti la competizione tra maschi se dall'altra parte non arrivasse un qualche stimolo a continuare? Se metà della popolazione mondiale non lo volesse veramente, come farebbe il sistema a reggersi in piedi?

E' il femminile che è oppresso ovunque, non la donna.

Territorio e progettualità

Oggi i guru del self-help e i manager parlano spesso di zona di comfort (o comfort-zone). La zona di comfort è il territorio in cui esiste (per noi) un sistema di segni e riferimenti che ci fa sentire a nostro agio. Uscire dalla zona di comfort può essere inteso come movimento di deterritorializzazione.

Un movimento di deterritorializzazione implica uno sconvolgimento della progettualità associata al sistema di segni che viene di volta in volta sradicato.

Esempio: cambiamento all'interno della sfera lavorativa/abitativa/relazionale => viene o passa la voglia di fare questo o quello (scrivere, disegnare, costruire, arredare, viaggiare, ecc...).

È una condizione insostenibile in modo permanente: il bisogno di ordine (da non confondere con quello di identità) non può venire dalla cultura, perché quello che intendiamo per cultura non è altro che un sistema di segni e riferimenti, cioè un tentativo di mettere ordine nel mondo. Sarebbe come dire che la cultura è un bisogno culturale, il che implicherebbe una circolarità. Il bisogno di armonia deve essere preesistente.

Oggi viene fatta passare l'idea assurda che sia sbagliato cercare tranquillità, volere il divano, il salotto. Ma come mai quando usciamo da una zona di comfort finiamo sempre per ricrearci una qualche altra zona di comfort? Come mai una deterritorializzazione implica sempre una riterritorializzazione?

È quello che fanno finta di non vedere i detrattori di Deleuze quando tentano di farlo passare per un apologeta (più o meno indiretto) del neoliberismo, della flessibilità, del nomadismo inteso come vita precaria (vedi Rehmann ne I nietzscheani di sinistra). In realtà anche i nomadi hanno le loro routine e i loro segni. L'opposizione nomos/polis non sottende un giudizio morale del tipo buono/cattivo. Piuttosto sta a dire: c'è anche altro.

Ecco: i progetti hanno una dimensione materiale e territoriale anche quando sono o rimangono solo delle fantasticherie. Per fantasticare ci vogliono stabilità e condizioni adeguate. Altrimenti le fantasticherie non partono.

Cambiare abitudini implica il mettere sul piatto molto più dell'abitudine in sé. Per questo è difficile.

Contorno e soggettività

Disegnare un personaggio con una linea di contorno marcata (tra la pelle, i vestiti e l'ambiente) rimarca l'illusione di una soggettività, di una separazione soggetto/mondo.

Nella realtà il contorno non esiste. Le persone, gli oggetti e gli ambienti si compenetrano. Anzi: non ci sono persone, oggetti e ambienti. C'è una molteplicità di flussi interconnessi.

Il femminismo è per tuttə, la complessità è per pochə

Nei libri di bell hooks il concetto di patriarcato è usato a caso come forza magica per semplificare fenomeni che lei stessa fa fatica a comprendere, e questo la porta a conclusioni fuorvianti. Lei chiama patriarcato qualsiasi fenomeno oppressivo esistente nella società, svincolandolo dalla sua collocazione storica e materiale. Usa la retorica della chiarezza e della semplicità per fare discorsi approssimativi e ricostruzioni campate in aria.

Possiamo dire che in Occidente tutte le società esistite dall'antica Grecia a noi sono patriarcali. Ma il modo in cui vengono vissuti il sesso e l'amore cambia dal mondo classico al medioevo alla modernità, e a sua volta all'interno di queste macro-epoche.

Raffigurazioni di atti sessuali sono esistite in tutte le epoche, ma quello che intendiamo per pornografia non è esistito prima di metà dell'Ottocento. La fissa per il sesso e la pornografia l'ha creata l'ambiente disciplinare nel periodo vittoriano. Un qualsiasi uomo vissuto in Grecia o nella Roma pre-cristiana non avrebbe mai capito perché certe persone passano la vita a rincorrere la figa, o a farsi le seghe davanti a delle immagini. Quello è il modo moderno di vivere il sesso. La competizione per la donna è limitata dove non esiste l'illusione della mobilità sociale, perché nessuno deve mettere continuamente in discussione il proprio valore.

Le sue critiche alla pornografia e alla masturbazione sono riproposizioni dei valori cristiani camuffati da denuncia sociale. È il prete che ti dice che non ti devi fare le seghe perché è poco soddisfacente, ma devi cercare l'amore, l'empatia, la connessione. Svaluta la materia in favore dell'idea. Nel momento in cui identifico il sesso e la pornografia come il Male, contrapposti all'amore come il Bene, sto creando una morale (o anche: una devianza contrapposta ad una norma).

Se vado a dire ad una pornostar che col suo lavoro rinsalda valori patriarcali, che non ha bisogno dell'approvazione dei maschi, che deve cercare l'amore, con questo stesso discorso sto creando una struttura gerarchica, le sto mettendo i piedi in testa, le sto dicendo che deve fare quello che voglio io. Riproduco in piccolo quelle dinamiche oppressive che a parole dico di voler combattere. Ti dipingo come sofferente per rifarmi su di te. Ti rovino la felicità.

La letteratura, la poesia, il teatro, il cinema, il cantautorato danno tanti esempi di uomini che mostrano il loro lato sensibile e vulnerabile. Il maschio virile è solo un modello, ma nella realtà c'è anche altro. Il patriarcato non ha mai represso le emozioni maschili, le ha sempre relegate a determinati spazi.

Gli uomini e le donne introiettano i valori dominanti senza saperlo. Non è che a scuola ti spiegano che la teoria darwiniana della selezione sessuale è una proiezione del corteggiamento borghese sulla natura. Vieni bombardato con l'idea che il maschio alpha se le scopa tutte, che in natura funziona così, e ti convinci che se non te le scopi tutte (perché non vuoi o non ci riesci) non vali nulla, non sei adatto a sopravvivere.

Non c'è nessun complotto, nessun voler nascondere a se stessi che il patriarcato opprime tutti. Nessuno si rende conto di nulla.

Uomini (e donne) del Sottosuolo

Non bisogna confondere il patriarcato con gli uomini, il maschile con i maschi. Quello che caratterizza le società patriarcali è la gerarchia, non il fatto che ci sia un uomo in cima. Tutti gli imperi, i governi, le aziende, le famiglie con a capo una donna non sono certo più matriarcali dei corrispettivi maschili. Anche una donna può avere introiettato i valori maschili e comportarsi in modo autoritario e prevaricatore. Il matriarcato non è l'opposto speculare del patriarcato. Archè vuol dire anche origine, oltre che a governo.

Questi fraintendimenti sono all'origine (e anche al governo) di quei confronti tra pesi massimi del pensiero contemporaneo sulla falsariga di:

“Gli uomini ecc...” “Non tutti gli uomini ecc... “ “Oh, eccone un altro che not all men!”

e a seguire parte un grande discorso da bar fatto di luoghi comuni, visioni polarizzanti e dicotomie oppresso/oppressore già superate dalla letteratura femminista almeno da una quarantina d'anni, che hanno l'effetto controproducente di allontanare le persone e alimentare rabbia e risentimento. I movimenti della manosphere sono nati proprio in risposta a queste visioni parziali, opponendo però a loro volta altre visioni parziali ed estremizzate (donne approfittatrici, padri separati che finiscono a vivere nei parcheggi...).

A dire il vero nel mondo esistono sia uomini sia donne che sono (o non sono affatto) in contatto col proprio lato femminile. La violenza non viene da dentro alle persone, ma dalle strutture sociali, quindi il lavoro di rieducazione affettiva va fatto in modo collettivo, senza retorica della colpa o della responsabilità, gare a chi è più o meno privilegiatə, vittimismo e tutta una serie di facciate che malcelano la voglia di trovare qualcunə su cui rifarsi, come l'uomo del sottosuolo che cerca la Lisa di turno a cui mettere i piedi in testa, con la scusa del discorsetto fatto a fin di bene.

La figura dello stupratore non è vista di buon occhio nelle società patriarcali, perché lo stupratore è percepito come un vigliacco che se la prende con qualcunə più debole, proprio all'opposto del maschio forte, virile e sicuro di sé che viene glorificato da millenni. Per questo le violenze avvengono tra le mura domestiche o in spazi isolati: bisogna salvare prima di tutto la reputazione.

(ma anche qui è il concatenamento che crea il soggetto: quattro mura, una serratura, uno spazio appartato, la dipendenza economica e affettiva...)

Il patriarcato è pieno di contraddizioni: da un lato crea i presupposti per la violenza con l'istituzione della proprietà privata, dall'altro condanna il violento. Da un lato crea la figura della prostituta con l'istituzione della moneta e l'economia orientata allo scambio, dall'altro crea lo stigma sulla prostituzione e il doppio standard sulla sessualità.

Magari cerchiamo di capire un po' meglio cos'è e come funziona, invece di cercare qualcunə contro cui puntare il dito.