De-soggetti-wanna-zione

Negli anni '70, in risposta al monolite-monopolio della televisione di Stato, si forma un reticolo di TV libere. Un tecno-rizoma pre-internettiano. Alla lunga si presenta un problema: servono i soldi. La TV passa da libera a privata/commerciale nel momento in cui questo reticolo televisivo viene assorbito dal Capitale. È il momento in cui salta fuori la figura del soggetto-televenditore. Ma il televenditore è nulla senza telecamere (e senza i soldi per comprare lo spazio televisivo).

La storia di Wanna che col suo carisma sfonda lo schermo è la riproposizione della favola liberale del self-made man. C'è tutto un gruppo che lavora dietro al personaggio. Lo racconta bene il primo marito di Wanna nel libro di Zurlo. Il carisma è costruito dietro ai riflettori. Un po' prendono da Anna Magnani. Forse un po' anche da Mussolini.

Dove si potrebbe fermare un'analisi incentrata sulle categorie del DSM-V? L'istrionico è agente del falso. Vive nella menzogna. È teatrale: esagera, drammatizza, manipola. Rimarca continuamente (prima a se stesso, poi agli altri) di essere una persona vera. È lui stesso il primo a non crederci. Proietta la falsità sugli altri. Ma l'istrionico è un'astrazione senza volto, senza corpo, senza storia e senza posizione sociale. Manca un contesto. Non basta neanche dire che viene da una famiglia povera, che cerca la rivalsa. Così si rimane all'interno della rappresentazione che Wanna da di sé per legittimarsi e creare empatia con lo spettatore.

Wanna non è poi così amorale come la descrivono i giudici. Ci sono cose che non farebbe mai. Perché i coglioni vanno inculati è il suo imperativo: si deve fare. Ma non basta appellarsi alla moralità del singolo: laddove la macchina del gioco d'azzardo si innesta sulla macchina mediatico-imprenditoriale appare la figura del tele-manipolatore. In realtà manca ancora qualcosa: cosa crea quello stato di solitudine, di debolezza, che nelle inchieste viene preso come una costante, un dato di fatto, che porta a cercare empatia/riconoscimento, ad alienarsi nel simulacro (sì, perché Wanna non è Vanna, non ha referente reale) della figura carismatica?

In tutte le trasmissioni in cui vengono intervistate Wanna e la figlia viene inscenato un processo mediatico: il prete-giudice-intervistatore tenta di fare leva sui loro sensi di colpa, fallendo inesorabilmente. Le stesse trasmissioni pagano a Wanna e figlia un cachet, in cambio di ascolti e vendita degli spazi pubblicitari. Nel caso dello streaming aumentano le visualizzazioni e gli iscritti al canale. Se Wanna non esiste senza telecamere, perché le si continua a concedere spazio? La lezione latente è: il crimine paga. È la macchina mediatica ad essere immorale alimentandosi grazie alla glorificazione della figura dell'imbroglione.

Le probabilità di un 6 al Superenalotto sono circa 1 su 622 milioni. Ogni anno lo Stato incassa circa 10 miliardi (su 20 spesi) con le scommesse. Come sarebbe mai potuta apparire la figura del maestro di vita che regala i numeri fortunati senza la truffa legalizzata della lotteria di Stato? Lo stesso Stato che condanna Wanna e il Maestro in tribunale...

La genialata è occultare tutto questo dietro alla figura della geniale imbrogliona che si approfitta delle debolezze altrui. La menzogna più grossa che viene rimarcata dalla serie Netflix, dai libri e dalle interviste è questa: una separazione marcata tra giudice e colpevole, tra TV buona e TV cattiva. Da una parte il Bene, dall'altra il Male. Un soggetto contro cui puntare il dito. La stortura di un sistema che funzionerebbe bene, non fosse per qualche imbroglione senza scrupoli che si approfitta delle debolezze altrui.

Invece di un processo ripreso dalle telecamere ci sarebbe (stato) bisogno di mettere le telecamere sotto processo. Assieme a tutta la società.