Meta-critica dell'individuo atomizzato
L'individuo atomizzato non è una base di partenza adatta a descrivere le dinamiche del consumismo. Il consumo di merci non è mai stato un fatto esclusivamente individuale: ha da sempre una dimensione sociale, oltreché simbolica.
Robinson Crusoe oggi non sarebbe un buon consumatore, poiché, vivendo isolato, non sentirebbe il bisogno di comprare cose inutili atte a simboleggiare uno status o uno stile di vita.
Le cosiddette robinsonate dell'economia borghese servono ad occultare i rapporti di forza, a cancellare il divenire storico. Non hanno mai avuto la pretesa di spiegare come funziona veramente il mercato.
Non si riesce a spiegare perché le persone facciano la fila per un iPhone, ma non per uno smartphone Huawei, limitandosi alle caratteristiche tecniche o a dettagli estetici.
Non esiste una prassi neoclassica del consumo associata alla relativa teoria.
Chi progetta un centro commerciale (o un portale di e-commerce come Amazon) non segue la teoria delle curve di indifferenza, ma gli studi di psicologia del consumatore. Sa benissimo che il consumatore è mosso e influenzato da forze irrazionali e che non ha mai informazioni complete su prezzi e alternative.
Soprattutto: oggi chi vende le cose ha assorbito la teoria della lotta di riconoscimento. E' in grado di creare e orchestrare il bisogno di essere riconosciuti, amati, accettati, il desiderio dell'Altro (che non ha niente di innato e universale, poiché ciò presupporrebbe una mancanza originaria da colmare).
Nessuno lavorerebbe gratis per le piattaforme, nessuno si stabilirebbe in agglomerati urbani invivibili (lasciando deserte le colline e le campagne) se non avvertisse il bisogno di socializzare, di sentirsi parte di un gruppo.
Il modo in cui le piattaforme commerciali centellinano il rilascio della dopamina (come premio per aver creato contenuti) è il modo in cui creano la mancanza nell'abbondanza, in cui orchestrano la dipendenza dell'utente dal bisogno di conferme degli altri.
(come faccia Zizek a dire che Deleuze sia il filosofo del tardo capitalismo rimane un mistero...)
Quei pensatori che oggi muovono una critica al consumismo da una prospettiva conservatrice (esempi italiani: Preve, Fusaro, Recalcati...) usano il modello robinsoniano come espediente per difendere istituzioni reazionarie (famiglia, scuola, Stato, identità di genere...). La solitudine è sempre da condannare. La comunità (in tutte le sue forme) ha sempre una valenza positiva. Guai a prendere anche solo lontanamente in considerazione l'idea che all'interno di una comunità possano esserci conflitti (o che la solitudine abbia tante sfumature e non debba essere per forza accompagnata da tristezza e senso di abbandono).
(RE: Recalcati => la figura del padre non aspetta certo il '68 e l'anti-Edipo per evaporare: già dal dopoguerra figure come l'allenatore, l'insegnante o il divo da idolatrare ricoprivano ruoli autoritari la cui importanza arrivava a mettere in ombra quella della figura paterna. In realtà padri permissivi sono sempre esistiti, ci sono tanti esempi in letteratura...)
Ma il punto è questo: non può esistere un piano globale per atomizzare le persone. Si incepperebbe il capitalismo.