Crossdressing, omologazione e patriarcato
Se da una parte l'anonimato del commercio online rende facile sperimentare il travestitismo senza imbarazzo o stigma, da un'altra produce tutta una forma di omologazione dell'esperienza del travestirsi. È venuto a crearsi proprio un cliché della sissy con tacco alto, autoreggenti, gabbia e/o plug, parrucca, maglietta o intimo o reggiseno o niente. Sempre gli stessi colori, gli stessi pattern, le stesse fantasie. È una falsa differenza. Più che vestirsi da donna ci si veste da come-un-uomo-pensa-in-modo-stereotipato—il-corpo-femminile-sessualizzato. Già il vestirsi da matriarca sarebbe mille volte più sovversivo, per la sua carica simbolica. La sissy che cerca le attenzioni del daddy fa solo finta di smarcarsi dai ruoli di genere. Se li porta dietro. Li ripropone in maniera cammuffata. Il daddy é il padre-patriarca-padrone. La sissy é la donna passiva reinterpretata dall'uomo passivo. Anche l'immagine cliché della mistress che appoggia lo strap-on gigante a fianco del cazzo-clitoride nella chastity-cage simboleggia un rovesciamento ma anche un rimanere-dentro ai rapporti oppressore-oppresso. Non si va oltre i dualismi.
O forse é proprio l'anonimato del commercio a depotenziare, a favorire la limitazione all'interno delle mura il travestitismo, ai selfie da mettere su reddit per ottenere attenzioni-riconoscimento o reinviare a OnlyFans per monetizzare i flussi di libido, limitandone (neutralizzando) la carica sovversiva.